Il borgo rurale di Clauiano

Gli insediamenti rurali si svilupparono in epoca medioevale nelle vicinanze delle chiese di San Giorgio e di San Martino, corrispondenti alle parti sud e nord dell’attuale paese. Questi due borghi erano tra loro collegati attraverso la strada comunale della villa, che tagliava da nord a sud l’intera località e che corrisponde all’attuale strada che conduce da Trivignano a Palmanova. Attorno alla chiesa di San Giorgio, che dipendeva dalla pieve di Trivignano, era presente la centa, un rudimentale sistema difensivo sorto nel periodo medioevale, di forma vagamente circolare, molto diffuso nei paesi della pianura friulana.

Questa struttura difensiva, rinforzata perimetralmente con palizzate e muraglie, era costituita da un terrapieno circondato da un fossato e veniva utilizzata dalla popolazione rurale per difendersi durante le scorrerie barbariche, che in questa zona si ripeterono per tutto il periodo medioevale fino a tutto il secolo XV.

All’interno della centa di Clauiano si trovava l’attuale chiesa ed il cimitero mentre a ridosso del muro perimetrale era situata la canipa, edificio in cui venivano conservate le derrate alimentari comuni, e la casa della Vicinia, utilizzata per le assemblee dei capi famiglia del villaggio. Queste riunioni venivano convocate mediante il rintocco di una campana e potevano anche svolgersi sotto una quercia, ubicata nella piazza del borgo vicino alla chiesa; inoltre era presente una torre d’avvistamento che probabilmente si trovava nei pressi dell’attuale Casa de Checo, a ridosso del lato sud della centa.

Nel 1477 la pianura friulana fu invasa dai turchi. Molti paesi furono incendiati e tra questi anche Clauiano. La sua ricostruzione, che ebbe inizio negli anni successivi, avvenne partendo dai nuclei urbani preesistenti. Le case furono ricostruite a ridosso delle chiese e lungo le vie del paese, una accanto all’altra, a formare delle cortine compatte e chiuse, mantenendo delle parti inedificate tra una cortina e l’altra. La zona attorno alle chiese di San Martino e di San Giorgio furono edificate con case in muratura, ricoperte da un tetto in legno sormontato da coppi e, in alcuni casi, ancora da paglia, che era invece quasi sempre usata per le coperture dei fienili e dei granai.

La centa, perdendo la sua funzione difensiva, sarà gradualmente eliminata. Solo la muratura del lato meridionale verrà mantenuta e riutilizzata per la costruzione dell’attuale Casa Menotti, edificio che nella parte posteriore mantiene, quasi inalterate, le caratteristiche architettoniche cinquecentesche. Gli altri edifici che si costruirono in questo periodo, attorno alla chiesa di San Giorgio, si disposero oltre il perimetro della centa formando una piazza vagamente triangolare corrispondente, in gran parte, all’attuale piazza della chiesa. A sud dell’edificio religioso, sul perimetro della centa, fino alla metà del secolo XIX si era conservata un’antica costruzione, probabilmente si trattava della canipa, che venne in seguito demolita. Al suo posto fu costruito un pozzo pubblico, non più esistente. Nella parte nord del paese, nei pressi della chiesa di San Martino, lo sviluppo urbano avvenne a sud dell’edificio sacro, lungo la via principale, con la formazione di alcune cortine edilizie servite da androne.

Le case nel Cinquecento venivano costruite con i sassi del torrente Torre, con le pietre provenienti da Medea, dal Carso e dal Cividalese, e con i mattoni e i coppi realizzati nelle fornaci della zona. Il toponimo "argilar", presente nel territorio di Clauiano, a sud-est del paese, ne è una diretta testimonianza. Inoltre era molto diffuso l’utilizzo di materiale proveniente da edifici o manufatti demoliti. I legni per la costruzione dei solai e del tetto, quali il larice, arrivavano dalle zone montane del Friuli, mentre i legni di rovere, più resistenti, provenivano dai piccoli boschi planiziali rimasti attorno al paese. Una selva, di proprietà privata, esisteva nel 1342 a Clauiano, mentre il vicino paese di Sottoselva, come ci indica il suo toponimo, era collocato a sud di un bosco.

Attorno alle case si sviluppavano gli orti, cintati da palizzate e da siepi e da un fossato che separava la parte abitativa dai terreni destinati ai seminativi, ai prati e al bosco. All’interno del territorio del paese erano presenti prati e boschi utilizzati dalla sola comunità rurale: i cosiddetti terreni comunali. Questi erano simili alle comugne, terreni posti solitamente a ridosso del confine comunale di cui beneficiavano anche i villaggi limitrofi. Una di queste zone era situata ad ovest di Clauiano, in prossimità dei Casali Comugne Marcotti. Tali terreni erano spesso meta delle rogazioni, antiche processioni propiziatorie per la fecondità dei campi che avevano anche la funzione di mantenere attivi i diritto di transito sulle strade campestri. Il borgo - assieme agli orti, ai terreni arativi con i filari delle viti, ai prati, ai boschi, e ai terreni comuni - costituiva la struttura territoriale non solo di Clauiano ma di ogni paese del Friuli.

Tutti questi beni facevano parte integrante di un sistema feudale i cui proprietari erano la grande aristocrazia, gli enti ecclesiastici e, in modo minore, la piccola nobiltà ed alcuni ceti urbani. I contadini lavoravano queste terre e abitavano nelle case coloniche della Villa. Nel Cinquecento i prodotti della terra erano principalmente il frumento, l’avena, la segala, il miglio, l’orzo, il sorgo e il farro. Queste coltivazioni erano affiancate da filari di viti con alberi autoctoni, come l’olmo, il salice e alberi da frutto quale il susino. Nei terreni di Clauiano la vite era molto diffusa. Già nel Quattrocento gli Strassoldo ottennero dal villaggio di Clauiano una rendita che oscillava tra i 15 e i 28 ettolitri di vino. Anche i prati erano indispensabili nell’equilibrato sistema produttivo rurale. Fornivano il foraggio per gli ovini, per i pochi bovini, impiegati anche nel lavoro dei campi, e per i cavalli allevati solo dalle classi possidenti. Le zone prative si trovavano ad est del paese a ridosso del torrente Torre, dove troviamo toponimi quali prato della quaglia e via d’Arment (strada percorsa da buoi e cavalli). Negli orti attigui alla villa si producevano in prevalenza fagioli, piselli, lenticchie, fave, verze e rape. Questi prodotti rimaneva di proprietà dei contadini, mentre, ad esempio, il frumento e il vino dovevano essere in parte conferiti ai proprietari terrieri.

L’alimentazione della popolazione rurale veniva integrata con erbe, frutti selvatici, lumache, piccoli animali e uccelli catturati con trappole costruite dagli stessi contadini. La casa rurale in questo periodo si sviluppava su una superficie rettangolare, poco profonda, elevandosi per soli due piani con i vani tra loro comunicanti. Al piano terra si trovava la cucina, la stalla, la cantina ed un vano utilizzato per il deposito degli attrezzi e dei prodotti agricoli. Tale vano coincideva, in alcuni casi, con l’androne passante. I pavimenti erano in terra battuta. Al piano primo - servito da una modesta e ripida scala in legno, posta anche esternamente con ballatoio "puiûl", si trovavano le camere ed il granaio. I pavimenti erano in tavole di legno. Le facciate presentavano piccole aperture al piano terra con inferiate, per ragioni di sicurezza, mentre al piano primo le finestre erano leggermente più grandi per permettere una maggior circolazione d’aria, in particolare, nei vani adibiti alla conservazione delle derrate alimentari. Spesso quest’ultime venivano disposte anche nelle camere. Il tetto a forma di capanna era realizzato in legno con manto in coppi o in paglia. Le aperture dei fronti esterni e della corte interna si disponevano in funzione dei vani interni senza seguire regole di simmetria. I fianchi della casa si collegavano alle altre abitazioni e si disponevano attorno ad una corte comune, di solito collegata con gli orti. Nella corte si allevavano gli animali avicoli e si svolgevano numerose attività lavorative. Inoltre, attorno alla spazio scoperto si trovavano delle costruzioni precarie per l’allevamento dei maiali e degli animali da cortile. A ridosso dell’orto era situata la concimaia e alcune cisterne utilizzate per la raccolta dell’acqua piovana per l’abbeveraggio degli animali.